COME UNA NINFEA SALVÒ LA PRIMA ESPOSIZIONE UNIVERSALE

Victoria amazonica

Oggi andiamo alla scoperta di una pianta eccezionale: la Victoria amazonica.

Così chiamata in onore della regina Vittoria, è una pianta acquatica della famiglia delle Nymphaeaceae originaria del bacino del Rio delle Amazzoni. 

Fu scoperta nella prima metà dell’800 e, fin da subito, destò enorme curiosità sia tra i botanici che tra la gente comune per il suo aspetto unico.

Possiede infatti le foglie più grandi del mondo tra le specie acquatiche: simili a degli enormi vassoi di forma circolare con bordo rialzato, possono raggiungere fino a tre metri di diametro.

La pagina superiore ha una consistenza cerosa per permettere alle gocce d’acqua di scivolare via, mentre la pagina inferiore, di colore rosso acceso, è ricoperta di spine per tenere lontani pesci e lamantini.

Ma non è tutto! Ciò che le rende così degne di nota, infatti, è la capacità di sostenere un peso considerevole, che può arrivare addirittura fino a 45 kg. Lo dimostra un gran numero di foto d’epoca, che immortalano bambini seduti comodamente su una foglia di Victoria amazonica.

Com’è possibile?

Il merito è della struttura stessa della foglia. È attraversata infatti da una fitta rete di nervature che, da un lato, dona eccezionale robustezza e, dall’altro, crea camere d’aria che aiutano a mantenere efficacemente a galla la grande massa della foglia.

Insomma, un vero capolavoro architettonico!

Storia della prima Esposizione Universale

Non a caso, ispirò proprio un botanico e architetto di nome Joseph Paxton, ai tempi di un evento storico di straordinaria importanza: la prima Esposizione Universale che si tenne a Londra nel 1851.

Il comitato organizzatore bandì un concorso per progettare il palazzo che avrebbe dovuto ospitare l’esposizione presso Hyde Park, accogliendo milioni di visitatori da ogni parte del mondo.

Due i requisiti fondamentali: anzitutto, il palazzo non doveva essere permanente, poiché era impensabile mantenere una struttura così grande all’interno di Hyde Park; inoltre, andava completato in tempi brevi e a costi contenuti.

Furono presentati ben 245 progetti, ma vennero tutti considerati irrealizzabili e quindi scartati. 

Il tempo scarseggiava e la tensione iniziava a salire. Che figura avrebbe fatto la Gran Bretagna in caso di fallimento?

In quest’atmosfera di sconforto generale, intervenne Paxton con un’idea rivoluzionaria: costruire una struttura gigantesca (di estensione pari a 92.000 m2!) interamente in ferro e vetro, servendosi di moduli prefabbricati.

Il cosiddetto Crystal Palace vide la luce in soli quattro mesi, destando grande stupore e ammirazione.

Sarebbe stato letteralmente impossibile realizzare una struttura tanto imponente in così poco tempo e nel rispetto del budget, senza l’intuizione dei moduli prefabbricati. Moduli che, tra l’altro, resero anche più agevole smontare e rimontare altrove il palazzo dopo l’Esposizione.

Ma la genialità di Paxton non si limitò a questo.

Un progetto del genere necessitava infatti di precise caratteristiche strutturali e qui intervenne il suo animo da botanico e la grande passione per le piante. Si ispirò infatti proprio alle nervature delle foglie della Victoria amazonica per la realizzazione degli archi della volta del Crystal Palace.

Ecco allora come un capolavoro della natura contribuì a salvare la prima Esposizione Universale!

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