C’è una pianta dal soprannome davvero sinistro: la pianta dei suicidi. Il suo nome scientifico è Dendrocnide moroides ed è diffusa in particolare nella foresta pluviale in Australia.
Ma perché ha una fama così terribile?
Sarà capitato a tutti una volta nella vita di urtare inavvertitamente una pianta di ortica, sperimentando così il bruciore dei peli urticanti che ricoprono le sue foglie. Bene, quella sensazione non è assolutamente nulla a confronto di quello che può provocare, anche solo sfiorandola per una frazione di secondo, la pianta in questione.
Si narra di cavalli che si sono buttati dalle scogliere pur di porre fine alle loro sofferenze e di soldati che sono stati portati alla pazzia.
Oltre alle leggende, però, ci sono anche delle vere testimonianze. Come quella di Ernie Rider.
Oggi impiegato presso il Queensland Parks and Wildlife Service, ricorda ancora molto bene il giorno in cui – negli anni ’60 – è entrato in rotta di collisione con la Dendrocnide: un dolore insopportabile che gli ha impedito addirittura di dormire per alcuni giorni e che ha continuato a tormentarlo per i successivi due anni, risvegliandosi ogni volta che faceva una doccia fredda.
Un dolore che non passa mai
Ciò che rende questa pianta davvero spaventosa è proprio la sua capacità di provocare dolore anche dopo tanto tempo. Si ripresenta infatti, a tratti, anche solo toccando la parte lesa o esponendola a variazioni di temperatura, come accade appunto con una semplice doccia.
Un recente studio dell’Università del Queensland ha analizzato le sostanze emesse dalla pianta, allo scopo di spiegare i meccanismi attraverso i quali provoca una tale agonia.
È stata così identificata una tossina che, una volta iniettata nel corpo, sembra attaccarsi alle cellule che nei mammiferi si occupano di percepire il dolore, bloccandole in “modalità dolorosa”.
Opportunità per la ricerca
Saranno necessari ulteriori studi per verificare la validità di questa teoria, ma sicuramente vale la pena approfondire.
Basta pensare che alcuni aspetti dell’emicrania sono stati compresi proprio grazie a una pianta, detta pianta della cefalea perché annusarla provocava in alcune persone crisi di cefalea a grappolo: analizzando i meccanismi attraverso cui questa pianta provocava dolore, è stato possibile creare dei farmaci in grado di contrastarlo.
Allo stesso modo, allora, studiare la Dendrocnide potrebbe rivelarsi estremamente utile in futuro per la ricerca farmacologica.
Ti è piaciuto l’articolo? Condividilo sui social!