Abbiamo già avuto modo di parlare della Banca dei semi di Svalbard, nel Mar Glaciale Artico: inaugurata nel 2008, ha lo scopo di preservare la biodiversità vegetale di fronte all’eventualità di una catastrofe di qualunque genere.
Custodisce principalmente semi considerati di valore per l’agricoltura e provenienti da tutto il mondo. Riso e grano che sono le tipologie maggiormente rappresentate.
Indubbiamente, siamo di fronte alla più grande banca dei semi, ma non è l’unica…
La Banca del Germoplasma di Bari
Sono infatti molti i paesi che, nel tempo, hanno realizzato una banca nazionale dove custodire semi considerati preziosi.
In Italia, ad esempio, c’è la Banca del Germoplasma di Bari: dotata di camere a -20° e a 0° (per la conservazione rispettivamente a lungo e breve/medio termine), ospita al momento circa 56.000 semi.
Particolare attenzione è rivolta alle specie agrarie più diffuse nell’areale mediterraneo, quali ad esempio i cereali come frumento, orzo e avena e le leguminose come fava, pisello, fagioli, ceci, lenticchie. C’è posto anche per qualche specie da orto e, in particolare, per cavoli, melanzane e peperoni.
Il progetto LIFE SEEDFORCE
È invece notizia recente quella di un progetto finanziato dalla Commissione Europea per recuperare e rafforzare le popolazioni di piante autoctone in alcuni territori di Europa, anche attraverso l’uso di una banca dei semi.
Iniziato ad ottobre 2021, dovrebbe concludersi alla fine del 2026 e coinvolge 104 specie vegetali considerate di interesse comunitario: 29 di queste sono in cattivo stato di conservazione e ben 17 si trovano in Italia.
Il progetto è rivolto infatti a 10 regioni italiane (Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Abruzzo, Campania, Sardegna e Sicilia), insieme ad alcuni territori di Francia, Slovenia e Malta.
Tra le piante da tutelare spiccano la testa di drago, la genziana ligure, la sassifraga del monte Tombea, la felce gigante della Sicilia e il Ribes della Sardegna.
Perché questa emergenza?
Le cause dell’emergenza, come purtroppo spesso accade, sono da ricercare nell’azione umana e nelle modifiche che provocano all’ecosistema: invasione di specie aliene, abbandono delle pratiche agricole e territoriali tradizionali, calpestio causato da attività ad alto impatto come il turismo.
Proprio per porre rimedio, tra le attività del progetto spiccano l’eradicazione sostenibile delle specie aliene invasive e la protezione delle specie protette dal pascolo eccessivo e dal calpestio con recinzioni pertinenti.
In merito alle popolazioni più piccole e frammentate, si prevede di intervenire con un mix di genotipi selezionato per imitare il flusso genico naturale: si potrà così aumentarne la diffusione e metterle al sicuro dall’estinzione.
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