LA CURIOSA SCOPERTA DELL’ALLERGIA DA POLLINE
SECONDA PARTE

Lunedì scorso abbiamo iniziato un viaggio in due parti sui singolari esperimenti compiuti dal medico inglese Charles Harrison Blackley per scoprire le cause dell’allergia stagionale. 

Se ti sei perso la prima parte, la trovi qui

Abbiamo lasciato Blackley alle prese con l’ozono come possibile fonte di allergia. Per poter studiare meglio questa teoria, gli serviva però un sistema affidabile per misurare la quantità di ozono nell’atmosfera.

All’epoca, infatti, dell’ozono si sapeva ancora pochissimo. Per misurarlo si utilizzava la cosiddetta carta di Schönbein, ossia una carta da filtro ricoperta di ioduro di potassio e granuli di amido: l’ozono ossida lo ioduro trasformandolo in iodio; a sua volta, lo iodio, a contatto con l’amido, assume un colore azzurro, che diventa sempre più scuro all’aumentare della concentrazione di ozono nell’aria.

Nel ricorrere a questo sistema, Blackley scoprì però una falla. Su ogni carta, infatti, i granuli di amido erano posizionati in maniera differente e questo falsava il risultato finale: nello stesso luogo, carte posizionate una di fianco all’altra mostravano concentrazioni di ozono completamente diverse.

Una folgorazione

A lungo Blackley cercò una soluzione, senza successo, finché un giorno ebbe una folgorazione!

Camminando in riva al mare, scoprì che l’acqua quando si ritirava lasciava sotto di sé dei granelli di sabbia distribuiti in maniera perfettamente uniforme. Decise così di utilizzare proprio l’acqua per distribuire i granuli d’amido sulle carte per i suoi test.

Munito di questi nuovi strumenti, molto più precisi, poté finalmente studiare gli effetti dell’ozono.

Anche in questo caso, scelse un metodo estremo: passò mesi in giro per l’Inghilterra misurando la concentrazione di ozono in città, in campagna e in montagna, trascorrendo in ogni luogo intere giornate per registrare l’eventuale insorgenza dei sintomi dell’attacco allergico.

Non solo. Una volta verificato che in nessuna delle sue spedizioni gli era venuta l’allergia, arrivò a produrre ozono in casa in una concentrazione altissima (inesistente in natura), così da poterlo escludere con assoluta certezza dalla lista dei sospetti.

La polvere

Rimase allora un ultimo candidato: la polvere.

Dal momento che la polvere esiste tutto l’anno, Blackley si disse che doveva esistere qualche elemento specifico che la rendeva irritante e che si presentava solo nei mesi estivi.

Ma di cosa si trattava?

La scoperta arrivò in modo inaspettato. Durante una passeggiata in campagna, Blackley venne sorpassato da una carrozza che, al suo passaggio, sollevò una grande nuvola di polvere causandogli un attacco allergico fortissimo.

Blackley capì di essere davanti alla risposta. Si adoperò così per studiare la composizione di quella polvere e scoprì in essa tanti granuli di polline.

Eureka! Anni di esperimenti avevano dato i suoi frutti!

Approfondimenti sul polline

Ma non era finita. Blackley si dedicò infatti ad approfondire gli effetti delle diverse tipologie di polline. 

Ne testò 35 tra quelli più comuni in Inghilterra, con dei metodi se possibile ancora più estremi del solito: inserendoli nelle narici, preparando dei decotti da applicare sugli occhi, cospargendoli sulle labbra e infine addirittura iniettandoseli negli arti superiori e inferiori (e in questo modo fu precursore dei moderni test cutanei oggi in uso).

A Blackley e ai suoi pazzi esperimenti dobbiamo la nascita di una nuova scienza: l’aerobiologia, che studia i corpuscoli presenti nell’aria. 

Tra le sue applicazioni più importanti, c’è appunto lo studio dei pollini in aiuto a chi soffre di allergia, nonché lo studio della trasmissione di diverse malattie, provocate da virus e batteri, attraverso l’aria.

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