LA CURIOSA SCOPERTA DELL’ALLERGIA DA POLLINE

Polline

L’inizio della primavera coincide purtroppo per molti con l’insorgenza dell’allergia stagionale: starnuti a ripetizione, naso che cola e occhi che prudono sono i sintomi più tipici e spesso si protraggono fino all’estate.

Oggi sappiamo bene che questo malessere è causato dal polline degli alberi in fiore, al punto che ci sembra addirittura scontato. Per secoli, però, è stato un vero e proprio enigma.

Innumerevoli studiosi si arrovellarono alla ricerca di una spiegazione per questo fenomeno (spesso ricorrendo a ipotesi alquanto fantasiose), fino a quando – nel 1880 – l’eccentrico medico inglese Charles Harrison Blackley scoprì la verità sul polline. E lo fece attraverso una serie di esperimenti davvero singolari che vale la pena raccontare.

Come detto, molte ipotesi erano state fatte fino a quel momento sulle cause dell’allergia. Blackley decise di testare ognuna di esse, in modo da escludere quelle implausibili e arrivare alla causa reale.

I primi esperimenti di Blackley

All’epoca, i maggiori sospettati erano il calore e la luce, ma per Blackley fu facile smontare queste teorie: infatti, in molti paesi dove il caldo era molto più intenso non si aveva notizia di fenomeni allergici. Stessa cosa per i paesi con una durata maggiore del periodo luminoso.

Blackley poté così passare ad ipotesi più interessanti, che legavano l’insorgere dell’allergia a determinati elementi.

L’acido benzoico

Per primo, studiò gli effetti dell’acido benzoico. Come? 

Anzitutto, sigillò una stanza della sua abitazione lasciando evaporare al suo interno una soluzione di acido benzoico, per poi entrarvi e respirare per ore le esalazioni prodotte dall’acido. 

Ti sembra una pratica estrema? Sappi che non si limitò a questo!

Per sperimentare ancora meglio gli effetti dell’acido sul suo corpo, infatti, inzuppò delle strisce di lino in diverse soluzioni di acido benzoico e le inserì nel naso (in una narice la striscia con l’acido e nell’altra senz’acido per controllo).

Scoprì così che l’acido gli provocava una sensazione di bruciore, senza però che si presentasse alcun sintomo riconducibile all’allergia.

Seguendo questi stessi metodi singolari, escluse oltre all’acido anche altri aromi di varia natura. 

L’ozono

Poté così rivolgere la sua attenzione a un nuovo possibile candidato: l’ozono.

C’era infatti una corrente di pensiero secondo la quale elevate concentrazioni di ozono nell’aria provocavano attacchi allergici. Per verificare la veridicità di questa teoria, Blackley si mise alla ricerca di un sistema affidabile per misurare la quantità di ozono nell’atmosfera.

Settimana prossima, continueremo a seguire Blackley alla scoperta delle cause dell’allergia!

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