Il Giacinto d’acqua è una pianta estremamente affascinante: presenta foglie lucide e spesse, con steli spugnosi che ne permettono il galleggiamento. I fiori, poi, sono bellissimi perché sembrano dipinti, con sfumature di colore uniche, che vanno dal viola al bluette, fino a un giallo intenso nei petali superiori.
Proprio i fiori l’hanno reso irresistibile, favorendone la diffusione in giro per il mondo. Ma chi lo ha apprezzato così tanto da portarlo con sé dal bacino del Rio delle Amazzoni fino al proprio paese non sapeva di avere a che fare con una bellezza molto pericolosa.
Il Giacinto d’acqua possiede infatti un dubbio primato: fa parte delle 100 peggiori specie invasive esistenti (secondo la classifica stilata dall’Invasive Species Specialist Group) ed è considerato la specie acquatica più infestante al mondo.
La pianta in sé è di modeste dimensioni, ma possiede uno strumento di moltiplicazione potentissimo: è in grado di riprodursi per stoloni, creando cloni geneticamente identici alla pianta madre a un ritmo di crescita impressionante che va dai due ai cinque metri al giorno.
Riesce così a colonizzare interi corsi d’acqua in pochissimo tempo. Inoltre, mentre nel paese d’origine è in parte contrastata dai suoi predatori naturali, nel resto del mondo prospera in assoluta libertà e questo accresce considerevolmente il suo grado di pericolosità.
Il viaggio del Giacinto d’acqua
Il Giacinto d’acqua sbarcò per la prima volta nei giardini botanici e privati d’Europa nella seconda metà dell’Ottocento, per le sue qualità decorative. Da qui, attraverso gli scambi tra botanici e collezionisti, è andato alla conquista del resto del mondo.
In Asia, arrivò verso la fine dell’Ottocento nel giardino botanico di Giava, da cui pare abbia raggiunto il fiume a seguito di un alluvione, senza più fermarsi.
In Africa, ha ormai conquistato importanti fiumi come il Nilo e il Congo, nonché i grandi laghi Victoria e Tanganica.
Negli Stati Uniti
La storia di come ha raggiunto gli Stati Uniti e di quello che provarono a fare per contrastarlo è particolarmente curiosa e merita un approfondimento.
Tutto è iniziato nel 1884, nell’ambito della World’s Fair di New Orleans, quando un gruppo di visitatori del Giappone omaggiò gli organizzatori dell’evento con alcuni esemplari di Giacinto d’acqua.
La bellezza del fiore colpì nel segno, al punto che si decise di dividere gli esemplari tra i giardini botanici e privati dello Stato così da permettere a tutti di godere di tale meraviglia.
Le conseguenze non tardarono ad arrivare: in pochissimo tempo il Giacinto conquistò molti stati del Sud degli Stati Uniti. E continuò la sua espansione a un ritmo talmente impressionante da renderlo un grave problema.
Le sue foglie tappezzavano i fiumi e formavano uno schermo che impediva alla luce di raggiungere le alghe e i pesci, mettendone a rischio la sopravvivenza. Anche la navigazione era in pericolo: in alcuni tratti, la coltre era così spessa ed estesa da impedire alle navi di passare.
Bisognava fare qualcosa! Ogni tentativo di eradicazione si scontrava però con la straordinaria resistenza del Giacinto d’acqua.
Arrivò così una proposta che ha dell’incredibile: portare gli ippopotami in America e allevarli nei corsi d’acqua per mangiare il Giacinto d’acqua contrastandone l’espansione. Per quanto assurdo possa sembrare ai nostri occhi, questa possibilità venne seriamente presa in considerazione e, addirittura, non passò al Congresso per un solo voto.
Nuove strategie
Nel tempo, di fronte alla resilienza di questa pianta, l’uomo ha optato per un radicale cambio di strategia: piuttosto che combatterla (inutilmente), oggi si cerca di sfruttarla.
Esistono svariati utilizzi.
In Asia, ad esempio, si essiccano le radici del Giacinto d’acqua per ottenere una materia prima con cui costruire mobili. Viene inoltre impiegato con successo come mangime per animali. Infine, è di estrema utilità come strumento di depurazione delle acque, dal momento che è in grado di assorbire tossine e materiali inquinanti.
In Africa, e in particolare nello stato del Benin, del Giacinto d’acqua si utilizza ogni parte: dalle radici si ricava un fertilizzante, dai fusti si produce carta e, infine, dalle foglie si ottiene un carbone nero utile per la realizzazione di inchiostri e vernici.
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